martedì 3 gennaio 2012

Depressioni natalizie


La nostra vita quotidiana è fatta di routine e abitudi sulle quali non ci soffermiamo. Non si soppesa il significato di un legame parentale, o di un'amicizia: si è parenti o amici e basta! I rituali dei festaggiamenti del periodo natalizio invece ci mettono di fronte alle "misurazioni di affetto", ai "soppesamenti di simpatie e antipatie" e a tanto altro di innovativo, de-routinizzato. La comoda amaca dell'abitudine nella quale ci culliamo ogni giorni viene messa al vaglio e all'analisi tecnica di ogni sua componente, di ogni suo pezzo di corda, con un'attenzione così particolare da farci percepire ogni scomodità sulla schiena o difetto di durezza sulle natiche.

Il Natale e il Capodanno sono i periodi più attesi da tante persone, ma si prestano facilemente ad essere anche i più odiati. Il fatto che si tratti di feste durante le quali si riunisce tutta la famiglia fa sì che in molti casi ciò sia motivo di tristezza, in particolare per l’assenza delle persone care, delle quali si sente particolarmente la mancanza in queste giornate.

Ma anche è una gara costante con "l'ideale del rituale": la festa dovrebbe essere fatta in un certo modo e se non rispecchia il prototipo allora ci farà sentire giù di morale. Un prototipo di rituale sempre fluttuante mai fisso, che si allontana o cambia forma ogni volta che lo stiamo per realizzare. Così una festa in famiglia si trasforma in un sospiro di rimpianto per la mancata gita fuori città o all'estero; il viaggio si trasforma nella ricerca spasmodica della legittima allegria tenacemente ricercata (con la produzione di sufficiente materiale video-fotografico per la celebrazione del più piacevole rito dell'invidia post rientro in compagnia di amici o parenti).

Un altro fattore che determina la cosiddetta depressione Natalizia è l’obbligo che noi tutti sentiamo di essere felici. In questo mese si richiede di sorridere, di abbracciare tutti, di partecipare a feste o di sedersi vicino a qualcuno con cui non vai d'accordo; ma essendo Natale si devono dimenticare tutti i problemi e condividere tavolo e tovaglia come se nulla fosse.

Le feste natalizie-capodannesche-epifaniche si prestano ai bilanci, a quelli di una vita, al confronto tra l'ideale "cosa avrei voluto che raggiungessi a quarant'anni" e il reale "cosa ho raggiunto", ai bilanci di un anno; è il momento per vivere sulla propria pelle la valutazione di un'amica scomoda, la propria coscienza, raramente compagna alleata di letture beate dei bilanci di una vita, molto più spesso impietosa e frignante per qualcosa che non ha ricevuto.

Feste natalizie al bando, dunque? Certo che no! Primo perchè per molte persone sono un reale momento di gioia. Ma se è facile riconoscersi in quanto descritto qui sopra, meglio cercare di capire in che modo il proprio Natale è potuto diventare una tale ricorrenza da umore nero. Le feste natalizie dunque si prestano, in questo senso, a diventare laboratorio emotivo per sperimentare le dinamiche del nostro umore, delle relazioni con i nostri affetti: rivelatori del nostro mondo interno, emotivo e razionale, ci mostrano con che criteri stiamo al mondo e perchè certi criteri ci danno tanto fastidio. D'altronde, i creatori di quei criteri scomodi siamo noi stessi.